GRAMMATÉUS: scriba

Si stanno per riaprire le scuole: rimanendo in questo orizzonte didattico abbiamo scelto di proporre una parola greca neotestamentaria che tutti conoscono nella traduzione «scriba». Si pensi che delle 63 volte in cui la si incontra, ben 57 si trovano nei tre Vangeli sinottici: è il vocabolo grammatéus che deriva dal verbo graphô, presente ben 191 volte, e si associa alla «scrittura», graphê (50 volte), e a gramma, «lettera, scritto» (14 volte). Allo scriba è associato anche il «dottore della legge», in greco nomikòs (9 volte). Ma usciamo da questa rete di parole sorelle e cerchiamo di delineare un ritratto di questo professionista che spesso si incrocia e si scontra con Gesù.

Lo scriba era in Israele una sorta di laureato che aveva frequentato una scuola superiore, che aveva approfondito gli studi biblici, ma che poteva espletare anche le funzioni di segretario, di funzionario, di amministratore. Si potevano fregiare anche del titolo di rabbì, in ebraico e aramaico «mio maestro», donde il termine «rabbino». Una delle figure più alte nell’Antico Testamento, tanto da assurgere a una specie di patrono, era stato lo scriba Esdra, divenuto in pratica capo dello Stato, quando Israele era rientrato nella sua terra, dopo l’esilio babilonese (V-IV sec. a.C.).

Spesso associati nei Vangeli ai sommi sacerdoti e ai farisei, gli scribi erano gli interpreti e i tutori rigorosi della Legge e delle tradizioni, ed è proprio per questo che non potevano non entrare in collisione con l’originalità e la libertà dell’insegnamento e del comportamento di Cristo. I Vangeli registrano spesso controversie e polemiche, anche perché i loro quesiti contengono talora insidie per mettere in difficoltà Gesù che è lapidario nel giudicare il loro atteggiamento ipocrita: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» (Matteo 23,2-3).

E continuava impietosamente: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa» (Marco 12,38-40). Come accadeva anche coi farisei – che pure erano dal punto di vista del pensiero più vicini a Gesù di quanto appare nei Vangeli – alcuni scribi si accostavano a Cristo con apertura e disponibilità. Evochiamo, ad esempio, il caso dello scriba che interpella Gesù sul «primo di tutti i comandamenti», condividendone la risposta, tanto da meritarsi questa replica di Cristo: «Non sei lontano dal regno di Dio» (Marco 12,28-34).

Simile è il comportamento di un collega, «un dottore della Legge», che interroga Gesù sulla via «per ereditare la vita eterna». Egli ascolta la parabola del buon samaritano e risponde correttamente alla domanda sul prossimo (Luca 10,25-37). Significativo è un altro episodio. In sottile polemica coi sadducei, la corrente conservatrice del giudaismo, che avevano interpellato Gesù sul tema della risurrezione dei morti, da loro negata, di fronte alla replica di alto profilo offerta da Cristo, «alcuni scribi dissero: Maestro, hai parlato bene!» (Luca 20,27-39).

Sta di fatto che il rabbì Gesù si rivela superiore agli occhi della folla «stupita del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi» (Matteo 7,28-29). Tuttavia un paio di autorevoli «maestri» come Nicodemo (Giovanni 3,1-10) e Gamaliele (Atti 5,34), entrambi membri del Sinedrio, si riveleranno sensibili e aperti alla testimonianza, alla parola e alla persona di Gesù, né si deve dimenticare che Paolo era stato educato [forse come scriba] proprio «ai piedi di Gamaliele» (Atti 22,3).

 


01.09.2022



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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