Si chiamava Isidra ed era una giovane professoressa di Lettere. Ragazzino di prima media, l’ascoltavo durante le lezioni nella mia cittadina di nascita, Merate (Lecco), in una scuola che in passato aveva visto come alunno anche Alessandro Manzoni. È sorprendente, ma quella docente riuscì a seguire tutto il mio itinerario ecclesiale fino a vedermi cardinale. Ho scelto lei come emblema di tanti insegnanti che mi hanno accompagnato nei diversi livelli di studio, alcuni persino famosi come teologi, dei quali conservo una memoria ancora viva e riconoscente.
Questo avvio un po’ inatteso si intreccia con l’Anno Santo che stiamo vivendo: da giovedì prossimo fino a domenica 2 novembre si celebra, infatti, il Giubileo del mondo educativo. Si tratta di un orizzonte estremamente decisivo e incisivo per la società intera. Ci accontenteremo naturalmente di poche note. Innanzitutto è necessario introdurre una coppia verbale capitale: “istruire” e “educare”. Suggestiva è già la loro matrice latina. Instruere suppone un inserire nell’alunno una sorta di struttura conoscitiva fatta di dati, di componenti, di nozioni. Una comunicazione che deve essere condotta dall’insegnante con sapienza didattica, metodo e passione e non con una semplice immissione di informazioni.
L’altro verbo latino di base è educere, cioè “condurre fuori”, un identificare, estrarre, valorizzare e giudicare le capacità, le doti, ma anche i limiti del discepolo. In questa duplice operazione di istruzione e educazione fondamentale è il magister, il maestro, vocabolo che in latino suppone un magis, un “più”, una persona dotata di valori umani e professionali (in questo profilo entra anche lo stesso genitore). Il ritratto di Gesù è, al riguardo, illuminante: «Egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi» (Matteo 7,29). Per questo, «gli ascoltatori erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità » (Luca 4,32).
Sempre sulla scia della figura di Cristo per ottenere questo esito è, però, necessario che il magister adempia al suo compito come minister, in latino “servo”, esercitando il minus, ossia mettendosi a livello, spalla a spalla, di coloro che deve istruire e educare. Deve, perciò, impedire che il “magistero” diventi autoritarismo prevaricatore e il “ministero” debolezza incapace.
Se volessimo sintetizzare il riferimento della missione dell’educatore, potremmo ricorrere alle tre stelle che guidavano già nella classicità ogni conoscenza e formazione. La prima è il verum, la “verità”, nella sua radice oggettiva e nell’immensa distesa delle sue espressioni. Essa è spesso deformata dalla falsità e dall’inganno (le fake news). La seconda stella è il bonum, il “bene”, cioè la morale che si compone di valori e fa distinguere il giusto dall’ingiusto. Infine, il pulchrum, il “bello” che ha la sua più alta manifestazione nell’arte ma che coinvolge anche lo stile quotidiano della vita.
23.10.2025
Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana