«I discepoli partirono e predicarono dappertutto»
Se non puoi essere un pino sul monte, sii un salice nella valle. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere; poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita». Così, col suo tipico stile oratorio, Martin Luther King, l’apostolo martire del riscatto degli afroamericani, rappresentava la missione che ciascuno deve attuare nella sua esistenza, con le sue caratteristiche, coi suoi carismi, con la sua identità.
Non tutti devono essere pino, albero, autostrada, sole; sono preziosi e belli anche il salice, il cespuglio, il sentiero e la stella. L’importante è compiere in modo nobile e appassionato il proprio dovere adempiendo a quel disegno che Dio ha tracciato nella storia. Abbiamo evocato questo tema perché nell’attuale fine settimana si celebra il Giubileo del mondo missionario e, se il primato va a sacerdoti e laici che si incamminano verso Paesi in difficoltà a testimoniare la carità di Cristo, tutti i cristiani sono invitati a uscire dalle porte blindate delle loro case e avere il coraggio – come era solito dire papa Francesco – di essere «Chiesa in uscita».
Risuona ancora oggi, dalla vetta del monte di Galilea, la voce del Risorto rivolta ai discepoli dubbiosi e timorosi: «Andate e fate discepoli tutti i popoli…» (Matteo 28,19) e l’evangelista Marco conclude così il suo Vangelo: «Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro» (16,20). È significativo che questo sabato 18 ottobre la liturgia proponga la festa di San Luca. Da un lato, egli è l’evangelista più esplicito riguardo ai temi giubilari a partire dall’anno santo che egli annuncia nella sinagoga di Nazaret, agli inizi della sua missione (4,16- 21). Pensiamo, poi, alla misericordia e all’amore di Cristo che irradiano tante pagine del terzo Vangelo e soprattutto ad alcune parabole, come quelle del Buon Samaritano e del Figlio prodigo, per non parlare poi della scena finale del malfattore crocifisso pentito. Dante non aveva esitato a definire Luca scriba mansuetudinis Christi. Egli è il cantore dei poveri, dei peccatori, degli ultimi accolti da Gesù. Ma è anche colui che illumina le sue pagine con la gioia per la salvezza: proponiamo a chi ci segue un esercizio da condurre sul c. 15 del suo Vangelo, leggendo i vv. 5.6.7.9.10.23.25.32.
D’altro lato, però, Luca è anche l’autore degli Atti degli Apostoli, ove non solo i due protagonisti, Pietro e Paolo, ma un’intera folla di cristiani è in missione per l’annuncio della Parola di Dio che è citata ben 58 volte, quasi personificata mentre si muove e opera attraverso la voce e le mani dei credenti in Cristo. Così, solo per esemplificare, pensiamo a quel diplomatico etiope convertito dal diacono Filippo (8,26-40) o al centurione romano Cornelio che diventa cristiano con tutta la sua famiglia attraverso la testimonianza di Pietro (c. 10) e, per concludere, dal c. 16 sino alla fine degli Atti, ecco il grande missionario, l’instancabile e appassionato Paolo di Tarso.
16.10.2025
Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana