La famiglia degli Apostoli

Gesù guarisce la suocera di Pietro; mosaico dei secoli XII - XIII secolo, Duomo di Monreale  Gesù guarisce la suocera di Pietro; mosaico dei secoli XII - XIII secolo, Duomo di Monreale  I Vangeli ci dicono poco sullo stato anagrafico degli apostoli di Gesù. Possiamo, però, pensare che fossero prevalentemente sposati e quindi avessero una famiglia, secondo il contesto socio-culturale di allora che considerava comune lo stato di coniugati. È noto che Pietro era sposato, come si deduce dalla vicenda della suocera febbricitante guarita da Gesù (Marco 1,29-31).

Significativa è anche l’attestazione di san Paolo: «Non abbiamo il diritto di portare con noi una sposa credente, come fanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?» (1Corinzi 9,5). La domanda che può nascere spontanea, però, è un’altra: cosa accadde alle loro famiglie, quando Gesù chiese loro di seguirlo come discepoli, ed essi – stando ai Vangeli – lasciarono le barche e le reti da pesca, i campi e le case?

I Vangeli non ci offrono, al riguardo, una risposta univoca. Ci sono solo indizi tra loro contrastanti. Da un lato non è da escludere che, come rivela san Paolo, alcune mogli seguissero almeno inizialmente i loro mariti discepoli, anche perché l’area degli spostamenti era ristretta e, come indica l’episodio della suocera di Pietro, le loro residenze originarie erano come punti di riferimento nella predicazione ambulante di Gesù. Era, perciò, possibile, rientrare spesso nelle proprie case per ripartire successivamente. Luca ricorda che Cristo era seguito anche da un gruppo di donne (8,1-3). La vita sociale di allora, d’altronde, era meno complessa della nostra e gli stessi sedentari lo erano in modo meno rigido di quanto si possa ora pensare. D’altro lato, però, si ha menzione di alcuni distacchi e tensioni come dice lo stesso Pietro a Gesù: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito».

E Cristo replica: «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il Regno di Dio che non riceverà molto più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà» (Luca 18,28-30). Anzi, Gesù arriverà al punto di esigere il distacco radicale da padre, madre, moglie, figli, fratelli e sorelle – qualora essi fossero d’ostacolo per la missione a servizio del Regno di Dio – per essere suoi discepoli (Luca 14,26). È in questa linea che si svilupperà la proposta provocatoria del celibato, il divenire «eunuchi per il Regno dei cieli» (Matteo 19,12), per usare una forte espressione dello stesso Gesù. Concludendo, siamo di fronte a una probabile prassi articolata.

Cristo, che esalta il matrimonio portandolo alla sua grandezza primigenia, non voleva certo spezzare legami nuziali e familiari, e così si spiegano i dati sui rapporti dei suoi discepoli con le loro famiglie, nonostante il nuovo impegno apostolico. In pratica avremmo qui un’ideale rappresentazione del sacerdozio coniugato tipico delle Chiese d’Oriente ortodossa e cattolica.

Tuttavia la scelta per il Regno di Dio si rivela impegnativa ed esige molte rinunce e distacchi: si configura, così, quel ministero celibatario caratteristico nella Chiesa cattolica d’Occidente che Gesù fa balenare a chi lo segue, come si intuisce nelle frasi che abbiamo sopra citato


25.09.2015



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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