MAQÔM: luogo, tempio

Il termine ha un significato generico, ma può indicare anche lo spazio sacro, che è punto di incontro tra l’uomo e un Dio che, nella visione biblica, si fa tuttavia presente soprattutto nella storia

In tutte le civiltà lo spazio sacro, considerato come sede visibile della divinità in mezzo alle case degli uomini, è una componente fondamentale della concezione cosmica. Lo studioso delle religioni di origine rumena Mircea Eliade (1907-1986) parlava dell’area sacra come di un «centro» che riusciva a tenere insieme la complessità e la diversità del mondo. Anche in Israele il tempio riceve una celebrazione di alto livello, espressa per esempio nei «canti di Sion», pagine che esaltano il santuario gerosolimitano come punto di convergenza non solo del popolo eletto (Salmo 122) ma anche di tutti i popoli della terra (Isaia 2,2-5). Per questo, «ai tuoi servi sono care le pietre di Sion» (Salmo 102,15).

Tuttavia la Bibbia privilegia come sede primaria dell’incontro tra Dio e l’umanità la storia. Già nella splendida preghiera di consacrazione del tempio da lui eretto Salomone si domandava: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti tanto meno questa casa che io ti ho costruita!» (1Re 8,27). La soluzione a questo dilemma era ottenuta riconoscendo che il tempio è «la tenda dell’incontro» tra il Dio trascendente che «ascolta dal luogo della sua dimora, dal cielo» (8,30) e l’uomo che lo cerca e lo incontra nello spazio sacro ove eleva la sua preghiera e il suo culto.

Già con Davide il profeta Natan aveva formulato un principio: il Signore, più che essere inquadrato nella «casa» materiale del tempio, predilige di essere presente nella «casa» davidica, ossia nella sequenza temporale della linea genealogica di Davide, fatta di persone, fino al Messia (2Samuele 7). In ebraico si gioca sull’ambivalenza della parola bajit, «casa» e «casato», che abbiamo già presentato a suo tempo: è, quindi, la storia di salvezza il tempio supremo, come ribadiranno i profeti, superando una concezione troppo sacrale e quasi magica del tempio (si legga, per esempio, Geremia 7).

Dopo questa ampia presentazione del tema del tempio secondo la Bibbia, non ci resta che spiegare il vocabolo ebraico scelto. Curiosamente maqôm definisce sia un «luogo» in senso lato, sia lo spazio sacro, e quindi il «tempio». Significativo è un racconto del libro della Genesi (28,10-22). Giacobbe, fuggiasco dall’ira di suo fratello Esaù, sosta in un luogo che in futuro sarà sede di un famoso santuario di Israele.

Il Signore in sogno gli promette il ritorno nella terra che sta per abbandonare. Giacobbe, allora, fa voto di edificare là un tempio. Usa due parole: bajit, «casa» che, come si è appunto visto, può designare anche il tempio, e maqôm, «luogo». Ecco le sue parole: «Il Signore è in questo luogo (maqôm) e io non lo sapevo… Quanto è terribile questo luogo (maqôm)! Questa è proprio la casa (bajit) di Dio, questa è la porta del cielo!» (Genesi 28,16-17). La località si chiamerà appunto Bet-’el, «casa di Dio».

Nell’Antico Testamento sono presenti altri termini per indicare il tempio: «santuario», oppure «aula» sacra, ove è custodita l’arca dell’alleanza. Noi citiamo solo la bella espressione usata soprattutto per il tempio mobile di Israele nel deserto del Sinai: ’ohel mo‘ed, «tenda dell’incontro (o convegno)». Nello spazio sacro, infatti, il popolo incontra il suo Dio che scende dal cielo ad ascoltarne le preghiere; ma anche i vari membri delle tribù di Israele si incontrano tra loro, costituendo l’assemblea della comunità fedele.


16.09.2021



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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