Un Dio piccolo da baciare

È una particolarissima storia di vocazione quella che ora evochiamo, alle soglie del Natale. Per un momento potremmo alzare gli occhi da questa pagina e ricreare con la vista della memoria la dolcissima scena dell’Annunciazione che il Beato Angelico ha dipinto nel convento fiorentino di San Marco. O lasciare che nell’orecchio fluiscano le linee melodiche dell’Ave Maria di Schubert o dell’Otello di Verdi. Certo, il racconto che Luca incastona nel primo capitolo del suo Vangelo, nei versetti 26-38, appartiene al genere letterario degli annunci biblici di una natività prodigiosa (tanto per fare un esempio, si pensi alla nascita di Sansone, presente nel libro dei Giudici 13,2-7).

Tuttavia il suo contenuto può essere rubricato sotto la categoria «vocazione», nella linea di quegli eventi che abbiamo scelto di descrivere nelle nostre letture bibliche settimanali. Si incontrano, infatti, le due componenti fondamentali della «chiamata» divina e della risposta umana. Da un lato, ecco a sorpresa entrare nella vita di questa modesta ragazza ebrea di Nazaret la voce di Dio attraverso il suo messaggero, l’angelo Gabriele, secondo una modalità già nota: si pensi, per esempio, alla vicenda di Zaccaria, il padre del Battista, narrata poche righe prima da Luca (1,5-25).

Il contenuto della vocazione di Maria è, però, unico: è la maternità di un bambino che sarà «grande, Figlio dell’Altissimo, posto sul trono di Davide, il cui regno non avrà fine, Figlio di Dio». Un’esperienza straordinaria che un filosofo e scrittore ateo francese, Jean-Paul Sartre, rappresenterà in maniera emozionante in un dramma intitolato Bariona o il figlio del tuono, mentre era relegato nel lager nazista di Treviri: «Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato per nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio».

E continuava: «Ella sente che Cristo è suo figlio, il suo piccino, ma anche che è Dio. Lo guarda e pensa: Questo Dio è mio figlio, questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa boccuccia ha la forma della mia. È Dio, ma mi assomiglia! Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare».

Alla chiamata così strana dell’angelo Maria risponde, ed è questo l’altro elemento necessario nella storia di una vocazione. È la libertà dell’adesione che avviene in modo motivato, tant’è vero che la futura madre obietta: «Come avverrà questo, perché non conosco uomo?». Lei è ancora vergine, soltanto fidanzata «di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe». E l’angelo le rivela la via unica della sua maternità: «Lo Spirito Santo scenderà su di te... ».

A quel punto scatta la risposta cosciente e coraggiosa: «Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola». Una dichiarazione non solo di umiltà davanti al mistero, ma anche di serena consapevolezza della sua funzione da parte di questa donna che diventa simile, persino più alta degli altri «servi del Signore» biblici, da Abramo a Mosè, da Davide ai profeti fino al «Servo del Signore» per eccellenza, il Messia.


21.12.2017



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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