Il giardino del mondo e il suo Artefice

«Dio creò il mondo come un giardino rigoglioso, fitto di alberi, pullulante di sorgenti, costellato di prati e di fiori. Là; aveva deposto gli uomini e le donne ammonendoli: “A ogni cattiveria che commetterete io lascerò cadere un granello di sabbia in questa immensa oasi del mondo”. Ma gli uomini e le donne, indifferenti e frivoli, si dissero: “Che cos’è mai un grano di sabbia in una così immensa distesa di verde?”. E si misero a vivere in modo fatuo e vano, perpetrando allegramente piccole e grandi ingiustizie. Essi non s’accorgevano che, a ogni loro colpa, il Creatore continuava a calare sul mondo i granelli aridi della sabbia. Nacquero, così, i deserti che di anno in anno si allargano stringendo in una morsa mortale il giardino della Terra, tra l’indifferenza dei suoi abitanti.

E il Signore continua a ripetere: “Ma perché mai le mie creature predilette si ostinano a rovinare la mia creazione trasformandola in un immenso deserto?”». Abbiamo iniziato questa nuova tappa della nostra rubrica biblica, mentre si avvia con la prima domenica d’Avvento l’anno liturgico cristiano, dando voce a un mondo che spesso consideriamo estraneo se non pericoloso. L’apologo che abbiamo citato proviene, infatti, dalla religiosità musulmana ed esprime in modo folgorante un’esperienza che stiamo tutti vivendo come attori e spettatori e che, perciò, attraversa anche tutte le religioni. Si usa parlare in modo più freddo e tecnico di «ecologia integrale», una situazione in cui natura e umanità sono coinvolte e intrecciate tra loro, correndo verso un futuro ignoto e striato di paure. È ciò che – come tutti sanno – ha ribadito il recente Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia e che aveva proposto con forza papa Francesco con la sua ormai famosa enciclica che si intitola con le prime parole del Cantico delle creature di san Francesco, ossia «Laudato si’, mi’ Signore». Era il 24 maggio 2015 quando questo documento fu pubblicato: da allora l’attenzione alla «cura della casa comune», per usare il sottotitolo della stessa enciclica, è cresciuta in molti strati della popolazione, soprattutto giovanile. Ma l’indifferenza e l’egoismo, denunciati nella parabola araba sopra citata, non si sono incrinati più di tanto, se pensiamo al degrado ambientale che continua a propagarsi in mille forme e al disprezzo o alla miopia da parte di una certa politica che archivia la questione per la pressione di interessi economici nazionali e settoriali. Noi, per un intero anno, faremo scorrere davanti ai lettori una serie di scene diverse, attingendole alla Bibbia che in tante sue pagine ci lancia un messaggio che già san Giovanni Paolo II (citato anche da papa Francesco) aveva così sintetizzato: «Dio ha scritto un libro stupendo le cui lettere sono la moltitudine delle creature presenti nell’universo».

Il motto biblico che vorremmo idealmente porre come intestazione di tutto il nostro futuro itinerario è, allora, quello del Libro della Sapienza, uno scritto anticotestamentario greco composto alle soglie del cristianesimo (forse nell’anno 30 a.C.): «Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce il loro Artefice», cioè Dio creatore (13,5). La nostra, perciò, sarà un’ecologia intrecciata con la teologia.


28.11.2019



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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