La moglie ripudiata e la cultura del tempo

A differenza di Matteo (19,1-9) e di Marco (10,1-12) che riservano ampio spazio alle parole di Cristo sulla questione del divorzio, Luca si accontenta di una dichiarazione essenziale: «Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio» (16,18). Abbiamo scelto di proporre questo passo nella serie di testi “femminili” presenti nel terzo Vangelo proprio perché si rimanda alla moglie ripudiata.

È chiaro che la formulazione dell’evangelista riflette la cultura del tempo che assegnava il primato nelle questioni giuridiche all’uomo. È lui, infatti, che prende l’iniziativa di “ripudiare” (in greco si ha il verbo tecnico apolýéin che definisce lo “scioglimento” di un legame matrimoniale). È lui che è da Gesù condannato qualora proceda a un nuovo matrimonio; oppure, se libero, sposi una donna ripudiata. Il parallelo femminile non è considerato, proprio perché la donna non era un soggetto giuridico abilitato ad avviare un procedimento di divorzio.

Non molto dissimile era, comunque, anche il diritto romano. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Incarnazione – cioè il Figlio di Dio che entra e partecipa dell’umanità – significa l’inserzione concreta nella società e nella cultura di una precisa epoca storica. Tanto per stare all’interno del nostro tema femminile, non dobbiamo allora stupirci se, per esempio, nella vicenda drammatica della figlia di Giairo sia ignorata la madre (Luca 9,40- 56). Sorprendente è che, anche nella parabola del figlio prodigo, non si faccia mai cenno alla sua mamma, ma il protagonista sia il padre e siano coinvolti solo il figlio maggiore e persino i servi (15,11-32).

Potremmo continuare con l’epilettico che il padre presenta ai discepoli e poi allo stesso Gesù ai piedi del monte della Trasfigurazione, senza che appaia mai il volto altrettanto angosciato della sua mamma (9,37-43). Proprio da questi e altri esempi riusciamo a comprendere quanto sia stata ardita la scelta di Gesù di farsi accompagnare anche da varie discepole (8,1-3) e quanto sia stato duro per gli apostoli il dover conoscere la risurrezione di Cristo dalla voce di Maria di Magdala e di altre donne.

Per ritornare alla questione del divorzio, la trattazione più articolata degli altri evangelisti ci fa comprendere l’anima sottesa all’asserto netto di Luca. Cristo, infatti, che pure conosce la legislazione biblica sul ripudio (Deuteronomio 24,1-4), vuole riportare il matrimonio a una scelta radicale, sulla base del disegno divino formulato nella Genesi per cui «i due sono un’unica carne» (2,24), in una donazione totale e assoluta. Per questo il matrimonio cristiano è una vocazione alta che riflette la concezione generale della spiritualità piena espressa, per esempio, dal Discorso della montagna. E proprio questa altezza fa capire anche che Gesù era pronto a sollevare e sostenere chi cadeva da quella vetta, come attesta l’episodio luminoso dell’adultera perdonata (Giovanni 8,1-11).


01.08.2019



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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