Le bande: scala verso Dio e gli altri
										
									
									 Dal 1989 al 2007, prima del mio approdo a Roma, sono stato prefetto della Biblioteca- Pinacoteca Ambrosiana, fondata agli inizi del ’600 dal card. Federico Borromeo, cugino di san Carlo, immortalato da Manzoni nei Promessi sposi. Ora, quel palazzo sorge a poche centinaia di metri dal Teatro alla Scala: fu questa per me l’occasione di stabilire, durante quegli anni, un’amicizia col famoso direttore d’orchestra Riccardo Muti che, a più riprese, mi offriva la possibilità di vivere in pienezza il mio amore per la musica.
 Ebbene, oltre alle sue mirabili esecuzioni orchestrali di musica sacra classica e anche ad alcune sue critiche rivolte a certi canti liturgici attuali, mi sorprendeva una sua difesa appassionata delle bande musicali locali. Molti lettori possono testimoniare la suggestione che creano ancora oggi le processioni eucaristiche o mariane o patronali scandite dal suono della banda del paese. Giustamente Muti osservava che quella è la via più spontanea e accessibile per insegnare la musica ai giovani e a tutti i volontari che si appassionano allo strumento a loro assegnato, entrando in armonia e sintonia con gli altri.
 Questo fine settimana a Roma, ma anche altrove, è scandito proprio dal Giubileo delle Bande musicali, anticipazione di quello riservato ai Cori e alle Corali il 22-23 novembre, in evidente connessione con la loro patrona santa Cecilia. Si potrebbero scrivere pagine e pagine sulla musica nella stessa Bibbia, a partire dai “Salmi”, un termine di matrice greca che rimanda all’esecuzione musicale strumentale, mentre in ebraico Tehillîm si riferisce alle lodi cantate. San Girolamo, il grande traduttore della Bibbia in latino, la lingua “volgare” di allora (donde il titolo di Volgata), definiva il Salterio «la lira che canta il Cristo», mentre il Concilio Vaticano II sentiva, sulla scia dei Padri della Chiesa, nella lode salmica «la voce della Sposa (la Chiesa) che parla al suo Sposo (Cristo)».
 L’invito che rivolgo ai lettori è, allora, quello di cercare nella loro Bibbia l’ultimo dei Salmi, il 150, simile al celebre Alleluja del Messiah di Händel: per dieci volte, a cui si aggiunge il titolo iniziale, si ripete appunto un alleluja che è accompagnato da una serie di sette strumenti. Si tratta dell’orchestra del tempio di Gerusalemme: il corno, l’arpa, la cetra o lira, il tamburello o timpano, gli strumenti a corda, il flauto e i cembali. Al suono di questa particolare banda musicale si aggiungono due elementi riturali importanti, la danza e il “respiro”.
 Sorprendente è questo vocabolo presente nella frase finale: «Ogni essere che respira dia lode al Signore! » (v. 6). Alcuni studiosi hanno pensato agli strumenti a fiato; altri alle voci del coro; altri al respiro di tutti i viventi che è lode al Creatore. La tradizione giudaica immaginava che la scala tesa tra cielo e terra nel sogno di Giacobbe – sulla quale scendevano e salivano gli angeli rivelando la promessa di un ritorno futuro per il patriarca in fuga (Genesi 28,22) – sia stata alla fine dimenticata e non più ritirata. Essa è rimasta sulla terra ed è la scala delle note musicali che possono trasmettere la voce di Dio e la nostra lode rivolta a lui.
 																			
										08.05.2025
										
																		
						
																		
									Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana