Rimanete nel mio amore

  Il Lezionario biblico del matrimonio seleziona dal Vangelo di Giovanni ben tre testi dai discorsi di Gesù nell’ultima cena. Iniziamo con il brano tratto dal capitolo 15, versetti 9-12.

Questi discorsi-testamento di Gesù hanno uno svolgimento simile a quello delle onde sul litorale e una delle onde che ritorna con maggior frequenza è quella dell’amore, con tre flutti che si muovono intrecciandosi in giuochi di pensiero e di fede.

Il primo flutto è quello fondamentale dell’agápe, l’amore. Esso parte dal profondo dell’oceano, da Dio stesso e si irradia nel Cristo per giungere fino ai discepoli e dai discepoli si effonde nel mondo. È un flusso totale che tutto ricopre e avvolge e porta con sé lunghezze, dimensioni, spazi infiniti. Infatti, correggendo il testo del Levitico (19,18) pur caro a Gesù, ora l’amore per gli altri non è misurato su quello che noi proviamo per noi stessi («Ama il prossimo tuo come to stesso») ma sull’amore dello stesso Figlio di Dio: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati».

Tutta la morale cristiana è in questa tensione verso l’infinito dell’amore. Per questo Gesù parla del «suo comandamento», sintesi di tutti i comandamenti. A questa grande ondata si associa un altro flutto, espresso con un vocabolo caro a Giovanni: «rimanere», «dimorare». Anche questo movimento parte dal centro dell’oceano: il Cristo «rimane» nell’amore di Dio, sorgente di ogni bene, in un’intimità perfetta; ma l’onda raggiunge i discepoli che, «rimanendo» in comunione col Cristo, risalgono tutto lo spazio dell’infinito approdando in Dio stesso. Il verbo «rimanere» esprime, quindi, la comunione che l’amore genera. E anche se l’uomo è tentato di correre verso altri lidi o immergersi in altri mari, solo nel mare di Dio trova la sua “dimora” serena.

Come affermava lo scrittore Mario Pomilio, «anche se andassi per mari stranieri tornerò a far naufragio nel tuo, Signore». Il terzo flutto gioca col sole e la terra, coi riflessi del cielo e della costa: è la gioia divina del Cristo che si effonde nei discepoli, una gioia “piena”, non legata a sorgenti che presto inaridiscono o si rivelano avvelenate. Chi è nell’amore puro e autentico ha sempre come sfondo dei suoi pensieri, delle emozioni, delle scelte una pace serena e gioiosa.

Cristo ci invita a entrare in questo mare, a goderne la tranquillità, a viverne l’abbandono felice perché non è un oceano tempestoso né un orizzonte monotono. Un mistico del ’500 spagnolo, Fray Luis de León, scriveva: «In Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga». Anche nel mare dell’amore vero sorpresa e pace sono sorelle festose che si abbracciano dando origine a una vita piena di senso e di valore. Le tempeste di questo mare non sono fatte per distruggere ma per allenare verso nuove mete.

L’amore familiare è il luogo della rigenerazione umana e spirituale, un’esperienza di eternità deposta all’interno dei nostri giorni contati, un calice di gioia che ci disseta in mezzo al deserto delle cose, un ingresso nella beatitudine stessa di quel Dio che è amore per sua stessa definizione.


10.07.2015



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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