Una coppia molto speciale

Nella lunga galleria di scene bibliche abbiamo introdotto tante famiglie destinate a vivere un’esperienza di misericordia. Abbiamo anche scoperto famiglie con genitori o figli spietati, o nuclei familiari segnati dalla tragedia. Non abbiamo, però, mai parlato di una coppia molto speciale che dà origine a una famiglia eccezionale, anzi unica. Intendiamo, così, mettere in scena ora Maria e Giuseppe, cogliendoli però nel tempo del loro fidanzamento.
Nell’antico Israele questo periodo era considerato la prima fase ufficiale del matrimonio: la donna, perciò, pur continuando a vivere a casa di suo padre all’incirca per un altro anno, era già “moglie” del suo futuro sposo e per questo ogni infedeltà era considerata formalmente un adulterio. La seconda fase, invece, comprendeva la solenne celebrazione nuziale con il trasferimento festoso e definitivo alla casa dello sposo (si ricordi la parabola delle ragazze sagge e di quelle sprovvedute in Matteo 25,1-13). È nella prima fase, quella del fidanzamento, che Giuseppe fa una scoperta sconcertante: «Prima che andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta» (vedi Matteo 1,18-25).
Il futuro marito, che è di per sé già sposo di Maria, si trova di fronte a una scelta drammatica così codificata nella legge biblica: «Se la danzata non viene trovata in stato di verginità, la faranno uscire all’ingresso della casa del padre e la gente della sua città la lapiderà a morte, perché ha commesso un’infamia in Israele» (Deuteronomio 22,20-21). Nel giudaismo successivo si era temperata questa norma brutale, imponendo solo il ripudio, cioè un vero e proprio divorzio con tutte le conseguenze civili e penali per la donna. Che cosa fa Giuseppe? La sua scelta mette in azione una sua finezza d’animo e un’attenzione misericordiosa per Maria: «Non volendo accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (1,19), in pratica senza una vera e propria azione legale formale.
Per questa sua decisione egli è definito come “uomo giusto”. Questa formula, più che rimandare all’obbedienza della legge che imponeva il ripudio, è da considerare come il riconoscimento del suo essere una persona misericordiosa, mite, buona che cerca, sì, di adeguarsi alla prassi consuetudinaria ma nella forma più delicata e sensibile per la donna, evitandole il clamore di un divorzio pubblico. Maria sarebbe ritornata al suo clan familiare, per una vita non facile ma neppure con il sigillo quasi “anagrafico” della ripudiata.
Sappiamo, però, che la vita di Giuseppe “il giusto” è squarciata da una vera e propria “annunciazione” angelica, parallela a quella di Maria: «Non temere di prendere con te Maria tua sposa», completando così la seconda fase del matrimonio, «perché il bambino generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Matteo 1,20). Comincia, così, la grande avventura di quest’uomo buono, il quale dovrà essere il padre legale del figlio di Maria. Sarà per suo mezzo che Gesù nascerà alla storia come figlio di Davide, così come nascerà al mondo come Figlio di Dio a opera di Maria, la sua sposa.


29.09.2016



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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