«Coltivare, custodire, soggiogare, dominare»

Dio creò il mondo come un giardino rigoglioso, fitto di alberi, pullulante di sorgenti, costellato di prati e di fiori. Là depose il genere umano ammonendolo: “A ogni cattiveria che commetterete io lascerò cadere un granello di sabbia in questa immensa oasi del mondo. Gli uomini, però, dissero: “Che cos’è mai un granello di sabbia in una così immensa distesa di verde?”. E si misero a commettere giustizia e peccati. Dio continuò a far calare i grani aridi della sabbia. Nacquero, così, i deserti che crescono sempre più».

Abbiamo citato un apologo della spiritualità musulmana che si conclude con questa amara considerazione del Creatore: «Perché mai le mie creature predilette si ostinano a rovinare la mia opera trasformandola in un grande deserto?». Siamo agli inizi del mese tradizionale delle vacanze e, quindi, del riposo spesso vissuto nell’orizzonte mirabile della natura. Sappiamo anche che una delle norme del Giubileo biblico nel c. 25 del libro del Levitico è quella di far “riposare” la terra, senza coltivarla, raccogliendone i frutti spontanei.

Era un modo per riconoscere che essa è un dono divino, da rispettare e amare, non solo da «coltivare» ma anche da «custodire », come ammonisce la stessa Bibbia (Genesi 2,15). Un comportamento spesso ignorato ai nostri giorni: è ciò che ha ribadito con forza dieci anni fa papa Francesco con l’enciclica Laudato si’ ed è quello che sperimentiamo in modo negativo nell’attuale crisi ecologica. Tra i tanti temi possibili offerti dalle Sacre Scritture (in passato ho dedicato un intero volume all’ecologia biblica, Il grande libro del creato, San Paolo 2021), vorrei ora soffermarmi su un passo biblico apparentemente imbarazzante.

Il Creatore, infatti, impone un ulteriore impegno all’uomo e alla donna, oltre a quello della coltivazione e della custodia della terra: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Genesi 1,28). La creatura umana riceve da Dio una dignità di sovranità delegata sul creato. In realtà, i due verbi ebraici usati hanno un significato più sfumato e fin suggestivo rispetto alla traduzione immediata.

Kabash, “soggiogare”, originariamente rimanda all’insediamento in un territorio da esplorare e conquistare, mentre radah, “dominare”, è il verbo del pastore che sovraintende e guida il suo gregge. Si tratta, certo, di un primato che purtroppo l’uomo spesso esercita in modo tirannico e non come un compito a lui affidato dal Creatore nei confronti del creato. Ritorna, così, idealmente il messaggio fornito dalla parabola araba che abbiamo proposto in apertura.

Come dice papa Francesco sempre nella Laudato si’, «la terra ci precede e ci è stata data» (n. 67), ed è per questo che dobbiamo custodire la casa comune che Dio ci ha affidato in gestione e non devastarla per interessi privati. In appendice, invito a una lettura: lo splendido cantico delle creature che il sapiente biblico Siracide ha intessuto da 42,15 a 43,33 del suo libro.


31.07.2025



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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