Gesù, celibe o sposato?

CRISTO E LA MADDALENA - Affresco di Giotto (1266-1336). Assisi, basilica inferiore di San Francesco.CRISTO E LA MADDALENA - Affresco di Giotto (1266-1336). Assisi, basilica inferiore di San Francesco.  

Con buona pace di qualche studioso che ha fantasticato su un legame matrimoniale di Gesù con Maria di Magdala, è indiscutibile che Gesù sia stato celibe. Il Nuovo Testamento è abbastanza loquace sui legami familiari di Cristo: oltre alla madre Maria, c’è il padre legale Giuseppe, ci sono i quattro “fratelli” Giacomo, Ioses, Giuda, Simone, e alcune sorelle, ci sono i parenti Elisabetta, Zaccaria, Giovanni e così via. Sorprenderebbe il silenzio su un vincolo così importante se fosse esistito realmente, dato che Maria di Magdala è evocata solo come discepola.

Certo, lo stato celibatario era allora piuttosto anomalo, ma non rarissimo, al punto tale che sembra fosse praticato dagli Esseni, la comunità dei manoscritti di Qumran al Mar Morto. Anzi, oltre al profeta Geremia che fu celibe per imposizione divina, e al Battista, è interessante notare che un maestro ebreo del I secolo, Simeon ben Azzai, aveva sostenuto la sua scelta celibataria perché «la mia anima è innamorata della Torah [la Legge biblica] e il mondo può essere portato avanti da altri».

A sostegno del celibato di Gesù e della sua proposta in questo senso (ma non esclusiva) per gli apostoli, si ha una sua frase piuttosto forte: «Vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre e vi sono eunuchi che sono stati resi tali dagli uomini e vi sono eunuchi che si sono resi tali per il regno dei cieli» (Matteo 19,12). Chiara è la triplice classificazione nella quale il terzo caso vuole rappresentare appunto il celibato o la verginità che, tra l’altro, è esaltata anche da san Paolo nel capitolo 7 della Prima Lettera ai Corinzi.

Forse con questa frase piuttosto aspra Gesù voleva reagire all’accusa o all’insulto lanciato dagli avversari perché egli non era sposato come gli altri maestri giudaici: «Sei un eunuco!». Gesù replicherebbe adottando con orgoglio questo insulto per definire la sua verginità, ricordando che non era una situazione meramente anagrafica o fisiologica, bensì una scelta di dedizione totale per il Regno di Dio e per l’impegno nei confronti del prossimo. Cristo rivelerebbe così di non essere sposato, cosa allora ben nota, considerata appunto l’eccezionalità di un simile stato nella società di quel tempo.

Non bisogna però dimenticare che il detto di Gesù è collocato in una pagina di alto profilo sul matrimonio (Matteo 19,1-9), che viene esaltato nella sua forma più alta di donazione assoluta e senza incrinature. In essa viene affrontata anche la questione dell’indissolubilità che Gesù considera strutturale nel matrimonio cristiano. Abbiamo già avuto occasione, poi, di affrontare, all’interno di questa pagina evangelica, anche la celebre “eccezione” introdotta da Matteo («tranne il caso di pornéia») sul cui valore concreto, legato al significato del termine greco pornéia di difficile interpretazione, è ancora aperto il dibattito tra gli studiosi, una discussione – come abbiamo già detto in passato – che difficilmente potrà essere risolta con assoluta certezza.


10.12.2015



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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