Invidia di fratelli

«Accadono incidenti anche nelle migliori famiglie». Questa frase ben s’adatta alle molteplici avventure del giovane protagonista del famoso romanzo David Coppereld pubblicato nel 1849 dallo scrittore inglese Charles Dickens. Una verità che s’adatta persino a una famiglia apparentemente santa come quella costituita dai tre fratelli Mosè, Aronne e Maria. Se l’invidia si insinua come una zizzania, ben presto la comunione fraterna s’infrange.
Infatti, un giorno Maria e Aronne si coalizzano contro Mosè, adducendo come scusa lo scandalo della moglie straniera, Zippora, del loro fratello (l’accettazione del diverso è sempre difficile). In realtà, la ragione è ben più concreta, cioè la gestione del potere sugli Ebrei in marcia nel deserto. Infatti, la loro recriminazione è trasparente: «Il Signore ha forse parlato solo per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche attraverso noi?» (Numeri 12,2).
Gelosia, quindi, per un primato che non sopportano e che criticano apertamente. E Mosè come reagisce? Il suo ritratto, abbozzato nel cap. 12 del libro dei Numeri, è quasi la rappresentazione esemplare della misericordia che comprende e perdona anche le critiche ingiustificate: «Mosè era un uomo molto umile, più di chiunque altro sulla faccia della terra» (12,3). Questa generosità d’animo è posta sul candelabro persino da Dio, che ne traccia un profilo ribadendo il primato a lui assegnato: «Egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Io parlo con lui bocca a bocca, in visione e non per enigmi. Lui contempla l’immagine del Signore!» (12,7-8).
Parlare contro una persona delegata da Dio stesso a guidare Israele, giusta, umile e misericordiosa, è come schiaffeggiare lo stesso Signore. A questo punto accade un evento drammatico: «Maria diventa lebbrosa, bianca come la neve» (12,10). Una dura lezione punitiva da parte di Dio che non colpisce Aronne perché, essendo sacerdote, sarebbe divenuto ritualmente impuro e quindi non più in grado di presiedere il culto.
Ma come reagisce Mosè? Ritorna in scena il suo animo misericordioso e di fronte al pentimento di suo fratello e alla sofferenza della sorella, lancia al Signore un appello appassionato e sincero: «Dio, ti prego, guariscila!» (12,13). La replica divina, pur esaudendo l’invocazione, non vuole che sia ignorata la giustizia che punisce la colpa. Per sette giorni Maria sarà isolata, quasi “scomunicata” dall’assemblea religiosa e sociale del popolo di Dio, ma alla fine sarà riammessa nella comunità. Ancora una volta il Signore sceglie come ultima sua sentenza la misericordia e il perdono.
Anche nelle migliori famiglie si annidano i veleni della gelosia. Come esclamava Cervantes nel Don Chisciotte, «o invidia, radice di mali infiniti, verme roditore di tutte le virtù!». È, dunque, necessario che non si allunghi la catena delle recriminazioni meschine, ma si segua l’esempio di Mosè e di Dio: «Il Signore, infatti, è paziente verso gli uomini ed effonde su di loro la sua misericordia » (Siracide 18,11).


01.09.2016



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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