Senza misericordia

Nel dramma Riccardo III Shakespeare introduce un impressionante dialogo tra la regina Anna e Riccardo, assassino e usurpatore. Anna: «Per Dio, anche le belve sanno in certi momenti provare pietà». Riccardo: «Ma proprio perché io non sono una belva, quel sentimento non mi tocca». Nella nostra galleria di quadri biblici che intrecciano le famiglie con il tema giubilare della misericordia, introduciamo ora una scena antitetica, in cui sono in azione due clan familiari spietati. Il racconto è nel cap. 34 della Genesi. Tutto comincia con un atto infame.
Dina, fi­glia del patriarca Giacobbe, durante un soggiorno nei pressi della città di Sichem viene brutalmente violentata dal principe ereditario di quella città di cui portava il nome, Sichem, appunto. È un primo atto indegno che coinvolge tutto il clan familiare ebraico: «Quando i ­figli di Giacobbe sentirono l’accaduto, ne furono addolorati e si indignarono fortemente perché quegli, coricandosi con la ­figlia di Giacobbe, aveva commesso un’infamia in Israele» (34,7). Meditano, allora, un piano di vendetta.
Ad aiutarli è lo stesso Sichem che, innamorato di Dina che aveva stuprata conquistato dalla sua bellezza, cerca un matrimonio riparatore. I fi­gli di Giacobbe accettano la proposta, ma a una condizione: tutti i maschi della città di Sichem devono sottoporsi alla circoncisione. La clausola viene accolta. Era il momento atteso per mettere in atto il piano di vendetta. Infatti, al terzo giorno, quando i sichemiti erano deboli e sofferenti per l’intervento subito, «Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, entrarono indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi» (34,25).
Approfi­ttando poi della situazione, saccheggiarono le abitazioni, rapinarono greggi e armenti, condussero via come schiavi bambini e donne. Al gesto infame di Sichem si era, così, risposto con una strage sproporzionata. Siamo di fronte a due vicende ove la giustizia e la misericordia sono calpestate, e la storia narrata dalla Bibbia è quasi l’emblema di tanti fatti di cronaca che ancor oggi leggiamo sui quotidiani ove delitto chiama delitto e l’uomo – per stare alla battuta di Shakespeare – si rivela più crudele di una belva.
Sarà la saggezza del padre Giacobbe a far comprendere ai ­figli che la violenza non risolve i problemi ma li aggrava: «Voi mi avete rovinato, rendendomi odioso agli abitanti della regione» (34,30). Il clan ebraico sarà, così, costretto a lasciare Sichem e ad avviarsi altrove per evitare che la catena delle ritorsioni continui. Il fi­losofo Benedetto Croce scriveva che «la violenza non è forza ma debolezza», malgrado i trionfi­ effi­meri che può registrare. Per questo, senza venir meno alla giustizia che deve fare il suo corso, la catena dell’odio può essere spezzata solo attraverso la scelta del perdono e della misericordia come ultima parola del cristiano


09.06.2016



Testo a cura del cardinale arcivescovo e biblista Gianfranco Ravasi. Integralmente riprodotto per la discussione e la riflessione. Fonte: Famiglia Cristiana

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